- Pietro Compagni
20 settembre 1870 – 150° anniversario
Aggiornamento: 21 set 2020
Roma
Dalla mezzanotte del 19, alle 3.00 del mattino del 20 settembre, gli avamposti delle truppe che presidiano il perimetro difensivo della Città inviano al Comando Pontificio, una serie di messaggi del tutto rassicuranti e quasi noiosi:
- Calma, nessuna novità; fuochi accesi, silenzio su tutta la linea.-
Di tutt’altro tenore quelli che iniziano a giungere alle ore 3,20 dal presidio di Porta Pia:
- Vedonsi in distanza verso Aniene dei lumi; rumore continuo s’estende e sembra vada avvicinandosi. Odonsi grida isolate, comandi.-
e alle ore 3.30 da Porta Salaria:
- Indistinti rumori, ma continui, palesano che nemico sul fronte procede ad operazioni.-
I segnali sono chiari, inequivocabili. Gli Italiani stanno per iniziare l’assalto.
Numerosi altri messaggi dello stesso tenore, inviati dai vari presidi intorno alla Città, seguono questi primi allarmi, ma il segnale più eloquente è la voce del cannone, che, alle 5.10 del mattino, toglie ogni dubbio.
Sono iniziate una serie di operazioni dimostrative contro vari punti delle mura cittadine, ad opera della 2^ divisione (Bixio), della 13^ Div. (Ferrero) e della 9^ Div. (Angioletti). Lo scopo è quello di attirare contingenti di truppe a rinforzo dei settori attaccati, per indebolire le difese del fronte principale.
L’obiettivo principale è il tratto di mura da Porta Pia a Porta Salaria, ed è stato affidato alla 11^ Div. (Cosenz) e alla 12^ Div. (Mazè de la Roche).
Alle 5,15, tre batterie del 9° Reggimento Artiglieria iniziano i tiri, con l’intento di aprire un varco su quel tratto di mura, contrastati dal preciso fuoco delle carabine Remington degli zuavi pontifici, i quali provocano le prime perdite fra gli artiglieri italiani.
Non è nostra intenzione descrivere tutte le fasi dei vari attacchi sferrati dalle truppe italiane e delle reazioni difensive verificatesi nei vari settori del perimetro difensivo della città. Del resto non sarebbe possibile nemmeno un sommario riassunto che, comunque, richiederebbe molte pagine. Per questo si rimanda a due testi che riteniamo fondamentali, selezionati fra i molti disponibili nella letteratura storica. Si tratta de:
- LA LIBERAZIONE DI ROMA nell’anno 1870 ed il PLEBISCITO, di Raffaele Cadorna, 1889
- LA FINE DELL’ESERCITO PONTIFICIO, di Attilio Vigevano, 1920
Torniamo al nostro racconto.
Il diario storico del Capo di S.M. Pontificio riporta un laconico messaggio ricevuto alle ore 8.45:
- Si riceve avviso che fra Porta Pia e Porta Salaria la breccia è quasi fatta…-
Le parole che seguono esprimono il disperato dilemma che si pone, fra alzare bandiera bianca o continuare nella disperata difesa. Sulla sinistra della breccia, a Porta Pia, la cose non vanno meglio per i difensori, ma un’ora dopo, mentre i pontifici si attestano a difesa della breccia, la bandiera del 39° Reggimento Fanteria, issata sulla torretta di Villa Patrizi da il segnale dell’assalto generale.
L’artiglieria sospende il fuoco e tre colonna di truppe italiane iniziano ad avanzare, baionetta in canna.
La colonna centrale, diretta sulla breccia è formata dal 12° Battaglione Bersaglieri e dal 41° Reggimento Fanteria. La colonna di sinistra, col 35° Btg. Bersaglieri ed il 39° Rgt. Fanteria, col sostegno del 40° Rgt. Fanteria, dirige su Porta Pia. La colonna di destra, proveniente da nord e formata dal 34° Btg. Bersaglieri e dal 19° Rgt, Fanteria persegue lo stesso obiettivo della colonna centrale e i suoi uomini finiscono col mescolarsi ai primi. Poco dopo le ore 10,10 le truppe italiane, vincendo le ultime disperate resistenze, superano il ciglio della breccia ed entrano a Roma. In quei minuti cade, colpito da una fucilata il Magg. Giacomo Pagliai , comandante il 34° bersaglieri e decorato di M.O.V.M. alla memoria per quell’azione. Qualche minuto più tardi il tenente Leone Manduit, a nome dello Stato Maggiore Pontificio alza bandiera bianca.
Roma è Italiana!
In questi 150 anni, non si è ancora riusciti a dirimere la questione di chi fu il primo italiano a superare la breccia, se non per decisioni di convenzione. Noi non vogliamo entrare in questa polemica.
Quello che ci interessa è tenere viva la memoria di una data fondamentale per la storia d’Italia e di quanti offrirono la loro vita per l’Italia in quei giorni cruciali, senza dimenticare di ribadire il dovuto rispetto per coloro, italiani e stranieri che, tenendo fede al loro dovere, si sacrificarono in difesa del potere temporale.
Le Perdite
Anche in questo caso, nessuno è in grado di garantire l’esatto ammontare delle perdite, per cui facciamo nostra una citazione, che è una sentenza per quanti sono soliti azzardare “ipotesi”:
“Niuna cosa è più incerta che il numero di morti nelle battaglie” (F. Guicciardini, Storia d’Italia, libro 10)
Avendo fatto riferimento, fino ad ora, ai due testi citati, ci affidiamo anche per questa tabella, ai dati che ci forniscono e che dovrebbero essere i più vicini alla realtà. Si tenga conto che questi numeri non comprendono i feriti leggeri e i contusi, medicati sul campo e rimasti ai reparti, e neppure eventuali cittadini di Roma e dintorni coinvolti, loro malgrado, nei fatti, essenzialmente perché si tratta di dati sconosciuti.

