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  • Norino Cani

LA GLORIA E LA (DIS)GRAZIA DELL'AQUILA

Aggiornamento: 12 set 2020

L’aquila, nell’antichità era consacrata a Zeus e ne custodiva i fulmini, venendo associata al cavallo alato Pegaso, che questi fulmini recava sull’Olimpo, e l’interpretazione del suo volo aveva valore predittivo.

Come insegna militare, sin dai tempi di Mario, alla testa delle legioni guidò l’espandersi della civiltà romana, mentre come simbolo di contemplazione viene identificata con lo stesso Cristo di cui rappresenta l’ascensione e la regalità.

Regina dei cieli e di tutti gli uccelli viene, di conseguenza, assimilata agli angeli, agli strati spirituali superiori, alla rigenerazione, al cielo e al sole.

In araldica l’aquila è il simbolo principe della regalità rivestendo, come simbolo di San Giovanni evangelista, anche una valenza esoterica e per tale motivo l’apertura del vangelo giovanneo rappresenta il momento centrale all’inizio dei lavori massonici, in grado di apprendista.

Dopo la divisione dell’impero in due parti assunse la forma bicipite a simboleggiare il Sacro Romano Impero, sopravvissuto alla caduta di Bisanzio nel 1453.

Nel corso del tempo questo simbolo divino diventa la quintessenza del potere e della supremazia superando la stessa figura dell’imperatore suggellando per secoli la mutua dipendenza tra politica e religione.

Per due secoli, tra XV e XVI secolo, fu emblema della signoria della casa d’Este su Lugo e sulla «Romandiola», poi divenne l’espressione della grandeur napoleonica e, in seguito, dell’effimero impero italiano tra il 1936 e il 1943.

Durante il XX secolo assunse una dimensione più terrena diventando preda politica di alcuni regimi totalitari per cui, oggi, l’aquila ha perso molto della sua carica simbolica.

Rinnegata, in quanto simbolo del nazifascismo, viene però ricercata dai cosiddetti “collezionisti” di memorabilia che considerano tout court qualsiasi aquila di qualsiasi epoca, come fascista e come tale va a ruba nell’ambiente del piccolo antiquariato alimentando una visione alquanto distorta e feticista del vero collezionismo.

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